
L’intervista a Umberto Cariboni da Il Giornale
di Marta Bravi
La “Food and drug administration” ha approvato martedì il primo dispositivo medico che usa un algoritmo dell’intelligenza artificiale validato nel centro di Ricerca dell’Irccs Humanitas per aiutare i medici a rilevare lesioni sospette per il cancro al colon durante la colonscopia.
Umberto Cariboni, chirurgo toracico e capo sezione Malattie oncologiche avanzate del torace di Humanitas – il cancro colon-rettale è il secondo tumore più frequente in Italia, dopo quello al seno.
“I dati dell’Associazione italiana di Oncologia medica sono sconfortanti per chi si occupa di cancro: sono oltre due milioni di screening saltati nei primi nove mesi del 2020 a causa della pandemia. Il problema dei controlli oncologici mancati accomuna tutto il mondo, tanto da avere portato l’Oms a sollecitare le nazioni a riprendere l’attività di screening, pena un aumento del 60 per cento dei casi di tumore nell’arco dei prossimi 20 anni”.
Il rischio è che, passata l’emergenza Covid, si vada incontro alla <pandemia dei malati oncologici> a causa dei ritardi nei controlli e nelle diagnosi precoci, con un crollo dei ricoveri programmati del 49,9 per cento tra marzo e giugno 2020 in Italia. Eppure il tumore è la terza causa di morte in Italia dopo il Covid e le malattie cardiocircolatorie.
“Secondo l’Aiom i ritardi che si stanno accumulando si sono già tradotti in 2.793 diagnosi in meno di tumore della mammella e di 1.168 in meno del tumore del colon-retto. Non solo: nei primi nove mesi del 2020 non sono stati individuati 6.600 adenomi avanzati del colon-retto, lesioni che possono essere la spia di un tumore e 2.380 lesioni Cin2 o anche più gravi, possibili segnali del cancro della cervice uterina. Oggi il ritardo diagnostico è pari a 4,7 mesi per le lesioni colon-rettali, a 4,4 mesi per quelle della cervice uterina e a 3,9 mesi per quelle relative al tumore del seno. Ed è da qui che si deve ripartire”.
La Confederazione di Specialisti oncologi, cardiologi ed ematologi, chiede un <Piano Marshall> per questi malati.
“Fortunatamente alcuni ospedali hanno continuato a seguire i pazienti fragili. Penso all’esperienza fatta nel Cancer center di Humanitas che si è adoperato per continuare a seguire in sicurezza i pazienti. Eppure, la paura dei cittadini ad accedere in ospedale sommata all’evidente situazione di stress delle strutture, dove chirurghi e anestesisti sono stati dirottati verso la cura dei pazienti Covid, hanno prodotto effetti lungo tutto il percorso di cura del paziente. In sala operatoria, oggi, vediamo casi più gravi: tumori diagnosticati a uno stadio più avanzato e che quindi necessitano di approcci più invasivi e lunghi”.
Un esempio?
“Ricordo il caso di un paziente che venne da me a febbraio del 2020 con un tumore del polmone in uno stadio ancora operabile. Dopo visita ed esami avevo dato indicazione all’intervento di resezione polmonare, il paziente mi disse che aveva paura del virus e che avrebbe preferito rimandare l’intervento “a tempi meno rischiosi”. Si è ripresentato in ospedale per una visita di controllo nel settembre successivo: la progressione della malattia era tale per cui si è resa necessaria la chemioterapia pre-intervento. Purtroppo i casi come questi sono tanti e noi chirurghi, all’interno del flusso di cura dei pazienti, vediamo patologie sempre più complesse. A questo purtroppo oggi si aggiunge una nuova emergenza”.
Quale?
“La mancanza di disponibilità di sangue per le trasfusioni necessarie per il supporto degli interventi di chirurgia maggiore. Sempre per la difficoltà di accesso gli ospedali o per la paura di infettarsi, molte persone non sono andate a donare il sangue con la stessa frequenza. E questo sta creando enormi problemi, non solo nelle sale operatorie, ma anche per tutti i pazienti che necessitano di trasfusioni per varie patologie. Per chi, come me, si occupa di chirurgia avanzata, come grossi tumori o casi che richiedono spesso la competenza di più equipe in sala operatoria per interventi che possono durare diverse ore, la disponibilità di sangue e dei letti in terapia intensiva è imprescindibile per poter curare i nostri pazienti”.